Alla riscoperta del portico di San Biagio e della Patrina
Il 10 dicembre 1944, una bomba ad altissimo potenziale cancella per sempre la quattrocentesca San Biagio in San Girolamo. Si salvarono le prime cinque arcate del portico antistante la chiesa
Domenica 10 dicembre 1944: un’aereo tedesco cancella per sempre la chiesa quattrocentesca di San Biagio in San Girolamo, la presenza artistica di Melozzo degli Ambrogi nella sua Forlì e 20 povere vite. “Alle 17,15 precise – scrive Antonio Mambelli nei suoi Diari - alcuni aerei germanici compaiono improvvisamente sui cieli”. Si appurerà poi trattarsi di quattro “Focke-Wulf 190 F8”, dotati ognuno di una sola bomba “Grossladungsbombe SB 1000” ad altissimo potenziale, munita di spoletta “AZ 55 A” con sviluppo esplosivo orizzontale anziché “ad imbuto” (mancanza del cratere) per farla esplodere prima dell'impatto al suolo. Molti storici ritengono che il vero obiettivo dell’attacco fosse la ghiacciaia Monti, già monastero di Santa Chiara: l’area, posta a poche decine di metri da San Biagio, era appena divenuta deposito logistico dell’Esercito Britannico. Il 9 novembre, gli Inglesi e le truppe del Commonwealth avevano liberato il Cittadone, ponendo gli alloggi del personale e degli ufficiali in vari edifici del centro nei pressi di Corso Diaz, anch’essi presi di mira dall’attacco. I mezzi militari erano invece stati dislocati lungo l’attuale viale Vittorio Veneto e nell’area retrostante la chiesa di San Biagio. Un errore balistico di poche decine di metri provoca un danno irreparabile.
L’esplosione cancella anche gran parte del portico antistante la basilica quattrocentesca. Le prime arcate del manufatto, lato via Dei Mille, sopravvissute al bombardamento, salvano la vita ad una decina di persone, fra cui il direttore dell’oratorio salesiano, don Marco Perego, che racconta: “Quasi tutti i fedeli erano usciti dalla chiesa al termine della celebrazione. Si era a cento passi dal portone quando si sentì la contraerea e si vide un aereo nemico sganciare. Ci buttammo sotto il portico fra i camion inglesi. Fu un attimo: un cascare di macerie, un polverone che ci soffocava, dissolto il quale San Biagio non c’era più”. Alcuni anni fa, Romeo Rosetti, ex segretario generale del Comune di Forlì, testimoniò che “anche il porticato davanti alla chiesa, composto da ben 16 arcate, venne distrutto quasi completamente. Il quasi è fondamentale: ne rimasero in piedi solo cinque, proprio quelle sotto cui ci siamo salvati mia mamma, mia sorella ed io”. Sempre quelle arcate salvifiche erano state fra le due guerre “luogo di lavoro” di una vecchina pressoché leggendaria in Borgo San Pietro: la Patrina. Il merito di averla sottratta all’oblio va al grande Giuliano Missirini. “Quel portico – scrive nella sua Guida Raccontata di Forlì - non era bellissimo col suo povero intonaco spoglio, ma non pretendeva essere altro che un’accogliente appendice (…) e le stagioni si avvicendavano senza troppo variare l’atmosfera di un luogo che una statica presenza, la Patrina, rendeva ancor più ferma”.