Il Foro di Livio

IL FORO DI LIVIO - Un tuffo da campione dalla Forlì anni Venti

Raggiunto il cuore dell'estate, non si può non parlare di nuoto o di tuffi. Se poi le Olimpiadi si stanno avvicinando, ancora meglio. Si vedrà come un forlivese fu campione italiano dal trampolino negli anni Venti, passando tra il disegno di un aereo e l'acqua del biondo Tevere.

In Italia si iniziò a parlare di tuffi nel 1895, allora come pratica sportiva era più conosciuta come “salti in acqua”. Poi prenderanno piede le prime competizioni: si parla di “salti girati”, “capofitti non girati”, e più tardi di “capovolte avanti e indietro”, “capovolta e mezza”, “due capovolte e mezza”, “verticali e capovolta”, “auerbach con e senza giro”. Se fino ad allora la pratica era cosa milanese, o presente a gare internazionali, nel 1919 i tuffi approdarono a Roma. 

Qui s'innesta la storia di un romagnolo riservato (quello in foto). Mi si conceda di parlare di un parente che chi scrive non ha mai conosciuto di persona. 
In quel 1919, infatti, un forlivese: Raniero Pasqui, tra le 13 e le 14 si allenava saltando nel Tevere, servendosi di trampolini da lui stesso collocati perché negli altri orari servivano da passerelle per l'accesso al Circolo Romana Nuoto. Informazioni tratte da “Alla ricerca del nuoto perduto” di Aronne Anghilieri (Sep, 2002) indicano che: “Il Tevere è invece il motore dello sviluppo dei tuffi. I pionieri a Roma furono Gaetano Lanzi e Raniero Pasqui, poi campione italiano dal trampolino. Senza piscine, senza trampolini elastici, nel 1919 la Romana Nuoto inizia l’attività di tuffi allo Scalo De Pinedo, distante 500 metri dalla sede dalla società. Lanzi e Pasqui nella pausa pranzo prendevano in spalla due tavole di abete (90 Kg), accompagnate da traversine larghe 40 o 45 cm che durante il giorno servivano da passerella per l’accesso in società”. 

Chi era Raniero Pasqui e cosa ci faceva a Roma? Secondogenito di Emanuele e di Virginia Rusticali nacque a Forlì all'alba di mercoledì 30 marzo 1887: fu battezzato coi nomi Raniero Angelo Melchiorre. Talora, nei documenti sportivi, viene erroneamente indicato col nome di “Ranieri”. Dopo aver conseguito il diploma di perito industriale, partì da Forlì alla volta di Roma. Nel 1907 fa vita militare. Nel 1912, scrivendo al padre, menziona una “fotografia che ho fatto al Porto Fluviale e in cui si vede ch'io sto bene”. Quindi è probabile che a quel tempo si fosse già “buttato” nei “salti in acqua”. 

Il forlivese lo si ritrova anche canottiere: il 12 agosto 1917 accompagnava, vogando, l'onorevole Leonida Bissolati per seguire dal Tevere la gara di nuoto “Traversata di Roma”. Proprio da quell'estate iniziò a esibirsi con tuffi acrobatici nel grande fiume che collega la provincia forlivese alla capitale italiana. Fu apprezzato per la particolare grazia “aerea” unita a una fisicità poderosa. 
Da allora si distinse in un crescendo di prove sportive fino a laurearsi, a Firenze, campione italiano di tuffi nel 1920
Quale membro della Romana Nuoto, eccelse in vari campionati italiani nel 1921 (prima medaglia d'oro dal trampolino da 3 metri), nel 1923 si assicurò un terzo posto e nel 1924 un argento. Seguirono poi altri riconoscimenti. Per i primi anni venti, la parola tuffi si traduceva in tre nomi: Gaetano Lanzi, Guido Granata, Raniero Pasqui. Tutti e tre chiamati “romani”, anche se il terzo era di evidenti origini romagnole. 

Visse per lo più a Roma. Nella capitale lavorava come disegnatore civile e poi, durante la seconda guerra mondiale, militarizzato per l’aeronautica militare. Il 6 luglio 1924, infatti, fu assunto in ruolo tra il personale tecnico del genio aeronautico a Guidonia. Raniero condivise con i suoi fratelli (rimasti a Forlì) alcune delle sue grandi passioni: per il nuoto (con Giuseppe), per la caccia e per i cani (con Domenico). La sua fedele bracca di nome Dora, infatti, era sempre con lui. Dopo la guerra, quale apprezzato disegnatore, Pasqui proseguì a Roma la sua collaborazione con l’aeronautica militare e nonostante la lunga permanenza nella capitale la sua inflessione linguistica non tradì mai la tipica cadenza romagnola; anzi, aggiungendola al romanesco, la pronuncia assunse un accento neutro e gradevole all’ascolto. Rimasto celibe e collocato a riposo, ritornò nella sua Forlì. 

Colpito da una grave malattia, passò gli ultimi giorni a Bagnolo per essere assistito dalla sorella Rosa, maestra elementare. Morì nel mattino dell'8 marzo 1967 dopo aver vissuto poco meno di ottant'anni. Il nome del Cavalier Raniero Pasqui è scolpito tra i soci benemeriti della “Dam una mân”, come si può leggere in una lapide di piazza XC Pacifici. 


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