Il Foro di Livio

Morgagni a mollo nel canale

Un episodio del principe dell’anatomia nella sua Forlì, quando, da ragazzo, fu salvato dalle acque impetuose di Ravaldino

Morgagni a mollo nel canale

“Forlì lo plasmò, Bologna lo educò, Padova lo fece immortale”, così Davide Giordano definiva Giovanni Battista Morgagni in una biografia della serie “Grandi Italiani” pubblicata nel 1941. Come in tutte le vite dei famosi antichi, però, non sempre è agevole ricostruire le vicende dell’infanzia, dell’adolescenza, della giovinezza, talora fiorite di aneddoti favolistici o non del tutto verificabili.  Uno di questi episodi è ambientato a Forlì, chissà, magari nei pressi della casa che, dopo decenni di abbandono, è stata cancellata lasciando da allora uno squarcio a due passi da piazza Saffi. Per esempio si dice che, da scolaro, studiasse venti ore al giorno. Venti. Esagerazione? Si spera. Però a quattordici anni il giovane Morgagni faceva parte dell’Accademia dei Filergiti ed era applaudito come virtuoso della lingua Latina (non a caso il Liceo Classico della sua città ne prende il nome). Si esibiva improvvisando versi in tenzoni poetiche destando incredulità e bocche aperte tra quei suoi concittadini che si cingevano le tempie di alloro. A quell’età era dotto pure in archeologia, agronomia, matematica, geometria, astronomia e sapeva scrivere pagine che sembravano vergate dalle Muse. Al netto delle iperboli, resta difficile negare che a tutti gli effetti fosse un genio. 

Visto che è periodo pasquale, si ricorda un episodio che pare proprio una rinascita del ragazzo che, tredicenne, – pertanto nel 1695 - scivolò cadendo nel canale. Era troppo distratto nello studio? Chissà a cosa stava pensando, ma il giovane Morgagni si ritrovò a mollo, in una situazione di pericolo estremo.  Si presume che si trattasse proprio di quel canale di Ravaldino che scorreva aperto a ridosso della sua casa natìa, sull’attuale via Missirini. L’incidente poteva essere fatale se è vero che stava per scomparire sotto una volta che lo avrebbe ingoiato, chissà, fino a farlo passare sotto il ponte del Pane, o il ponte Buio. Insomma, poteva davvero morire se non che arrivò un uomo senza nome che, avvertito il tonfo, lo salvò. Costui fu ringraziato dal futuro grande medico con un paio di versi in Latino, almeno inizialmente. Del salvatore anonimo non si dimenticherà più: “Verso il qual uomo (...) - scriverà di se stesso Morgagni in terza persona - conservò poi egli sempre quasi verso nuovo padre una liberale e tenera gratitudine”. Il forlivese misterioso divenne dunque una figura paterna per il ragazzo che aveva perso il babbo da bambino. Si dice pure che lo aiutò economicamente, fino ad assicurargli una pensione. Si moltiplicano – è da dire – le suggestioni: si tratta di un fatto realmente accaduto o di un apologo sul longevo nume augurale, con Galileo Galilei, dell’Università di Padova? 

A dare qualche precisazione su tale circostanza interviene il medico Camillo Versari che in un suo scritto del 1872 affermava: “Due sommi salvati dalle acque: Mosé infante da quelle del Nilo, Morgagni giovanetto dalle altre di un piccolo canale di Forlì, Mosè al beneficio di un gran popolo, Morgagni al beneficio dell’uman genere”. Dunque era scivolato veramente nel canale di Ravaldino, in particolare “in quella parte aperta anch’oggi a lavandaie, e che dal vicolo Moro Petrucci passa sotto la Casa de’ Conti Gnocchi, in sul di dietro attigua alla paterna di Morgagni”. Sì, quindi il tratto che passa parallelo a via Caterina Sforza, sotto le attuali vie Brosi, Moro Petruccio e Missirini. Versari – dopo aver cercato tra scartoffie, testamenti e documenti - allarga poi le braccia ammettendo di non aver trovato altre informazioni sul misterioso salvatore e aggiunge: “La certa perenne immortalità di G.B. Morgagni, alla Patria di Lui forseché non impone il debito di lapide, di onori, e di un generosissimo orgoglio?”. A tal proposito, nella sua Forlì una lapide esisteva, ed era visibile sulla casa natale del Sommo anatomico. Una decina d’anni fa, fu staccata dalla facciata dell’edificio di via Missirini, da tempo inutilizzato, che altrove avrebbe avuto sorte diversa. Tra il 30 gennaio e l’inizio di febbraio 2023 la casa di Morgagni, di proprietà privata e di difficile recupero, è stata demolita.

Per quanto riguarda la lapide, si sa che esiste ancora e sarà ricollocata sulla facciata (che stando alle dichiarazioni lette sulle stampa dovrebbe essere identica a quella del caseggiato demolito) al termine dei lavori, lavori che però non si sa quando potranno dirsi conclusi. Particolarmente amara oggi risulta tale asserzione del medico Versari, intuendo già nell’Ottocento una forma di turismo erudito che altrove ha successo: “I dotti sentono in cuore la devota curiosità di sapere dove proprio nacque G.B. Morgagni”. Essendo pure scomparsi i mattoni originali (che avrebbero potuto testimoniare la percezione tattile e materiale della presenza del principe degli anatomici) si spera che non resti solo la curiosità ma che presto si trovi la soluzione per valorizzare l’area su cui sorgeva la casa natale del grande medico forlivese che a Padova affiancano a Galileo. 


 


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