Cronaca

Omicidio Severi, il mistero di un delitto quasi senza sangue. Le tracce sui guanti? I periti: "Non c'è il dna dell'imputato"

Parola ai periti e ai tecnici della difesa di Daniele Severi, nell'udienza di giovedì in Corte di Assise per il processo relativo all'omicidio di Franco Severi

I periti della difesa Nicola Caprioli e Marina Baldi

Parola ai periti e ai tecnici della difesa di Daniele Severi, nell'udienza di giovedì in Corte di Assise per il processo relativo all'omicidio di Franco Severi, trovato morto decapitato in una scarpata, a Civitella, il 22 giugno 2022. Dopo amici e i parenti più stretti, come i figli, che hanno tratteggiato un diverso quadro “psicologico” dell'imputato, a loro dire meno “ossessionato” dal possesso del podere di Ca' Seggio, a tenere banco per oltre 4 ore sono state le analisi delle macchie di sangue di Franco.

Un omicidio e una decapitazione, ma il sangue manca

Periti della difesa sono stati Nicola Caprioli, esperto di tracce sulle scene del crimine, e Marina Baldi, genetista, che, sulla base della documentazione scientifica prodotta dal Ris dei carabinieri hanno individuato possibili crepe nelle indagini scientifiche. Mettendo in luce, in premessa, uno dei veri rompicapi che si trascina dall'inizio del processo: rispetto ad un omicidio cruento e una decapitazione, del sangue della vittima ce ne sono solo modeste tracce sulla mano del cadavere, sulle ciabatte (nel dirupo dove è stato abbandonato il corpo), sui guanti ritrovati nel cofano motore del fratello Daniele, e 7 piccole macchie sulle scarpe sempre di Daniele. Nessuna “pozza di sangue”, insomma, che possa suggerire qualcosa sulla dinamica del delitto e sull'arma usata.

E questo nonostante il podere e l'abitazione di Franco, l'auto e le pertinenze di casa di Daniele siano stati scandagliati più volte col luminol e con altri strumenti scientifici. Delle tracce ematiche sono emerse solo sotto un fico nel cortile del podere. Questo fa concludere che non si possa dire ad ora con certezza né il luogo dell'omicidio, né quello della decapitazione, mentre nel luogo del ritrovamento, per Caprioli c'è stata una “messa in posa del corpo, sia perché gli oggetti, come le ciabatte, sono stati riposizionati successivamente, sia  perché le tracce sono incongruenti con l'ambiente circostante”. Per il consulente, insomma, “il corpo non è stato buttato lì, ma chi l'ha portato ha fatto una serie di attività per posizionarlo, perdendoci del tempo, non ha gettato il corpo ed è scappato via”. 

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“Sangue nella mano non approfondito”

E come prima presunta crepa delle indagini scientifiche rileva il criminologo della difesa: “L'unica presenza massiva di sangue sul luogo del ritrovamento è sulla mano destra del cadavere, sicuramente riconducibile all'azione omicidiaria e non al taglio della testa dopo la morte”. Cosa ci dice quella macchia di sangue? Poco per Caprioli, “perché manca la fotografia nella parte interna della mano, poteva essere importante ma quest'immagine manca”.

I guanti intrisi nella Fiat Panda dell'imputato

Le più consistenti macchie del sangue dell'agricoltore civitellese ucciso a 52 anni, sono quindi sulla 'prova principe' dell'accusa, su un paio di guanti da lavoro ritrovati in un anfratto sotto il fanale anteriore, dentro il cofano della Panda di Daniele Severi. E' sufficiente per inchiodarlo alla responsabilità penale? No per Marina Baldi, genetista ingaggiata dagli avvocati difensori Massimiliano Pompignoli e Maria Antonietta Corsetti. Che spiega: “Sull'esterno dei guanti c'è una traccia mista di dna, la componente maggioritaria è risultata appartenente alla vittima, mentre gli altri contributori sono sconosciuti, ma di certo non c'è presenza di tracce del dna dell'imputato”.

I guanti nel cofano della Panda? Il perito: "Si mettono in 8 secondi"

Se poi si va a guardare l'interno, anche qui si rileva nel destro un debole profilo misto di dna, tra cui quello della vittima, ma non c'è quello dell'imputato, mentre nel guanto sinistro non c'era proprio  dna. Daniele Severi pertanto non li avrebbe mai indossati, come lascia intendere la difesa. Oppure li ha indossati indossando altri guanti sotto, come è abitudine del personale del 118 (Daniele è autista di ambulanze in pensione) come ha prospettato l'accusa. I guanti inoltre risultano usati e molto sporchi, per cui qualcuno nel tempo li ha usati. Eppure dentro non c'è quasi traccia umana: “I guanti di solito sono fonte di dna molto consistente, li si manipolano anche per indossarli”, rileva Baldi, mentre l'avvocata Corsetti ricorda che “il campionamento dell'interno è stato sollecitato dalla difesa”.

7 macchie sulle scarpe di Daniele Severi

E proprio pochi minuti prima del ritrovamento dei guanti, durante la perquisizione un carabiniere adocchia delle tracce di sangue sulle scarpe di Daniele Severi e gliele fa togliere in diretta. Ci sono due macchie del sangue di Franco su una scarpa e altre 5 sull'altra. Caprioli le analizza in relazione alle macchie di sangue trovate sulle ciabatte della vittima (ma i piedi di Franco erano puliti) e arriva alla conclusione che “non c'è alcuna corrispondenza, neanche per quantità e posizionamento, sono completamente difformi”.

Per il perito il posizionamento e la forma delle macchie sulle scarpe da ginnastica di Daniele e le ciabatte Crocs di Franco non sarebbero compatibili con nessuna posizione reciproca tra aggressore e aggredito. E viene contestata una frase di una prima relazione dei Ris che indicherebbe il calpestio di sangue da parte delle scarpe di Daniele Severi, versione poi “corretta” in un secondo tempo quando da ulteriori analisi non sono emerse tracce ematiche sotto le suole. “Una seconda relazione dei Ris travolge la prima”, critica aspramente Corsetti. 

“I Ris ipotizzano del sangue calpestato, ma a fronte della conferma già esistente delle macchie presenti sulle scarpe”, è la considerazione della pm Federica Messina, per riportare comunque al dato di fatto: le scarpe dell'imputato sono sporche del sangue della vittima. “Stiamo alle evidenze, la loro presenza dato che sono su delle scarpe, e quindi soggette a veloce usura, non indicano che queste macchie sono recenti?”, domanda la pm.

“Non sappiamo come Franco sia stato ucciso, perché ci manca la testa. L'unica certezza che abbiamo è che è stato decapitato da morto. Non avendo la testa, abbiamo un'infinita di ipotesi sull'omicidio, per esempio Franco potrebbe essere stato tramortito con un corpo contundente che non comporta perdita ematica, per poi essere soffocato e decapitato”, polemizza l'avvocato della parte civile, come a dire che il perito non dovrebbe spingersi ad ipotizzare una scena del crimine senza contesto. “Ma le scarpe di Severi sono state analizzate in relazione alle ciabatte della vittima dai Ris, non in relazione ad una dinamica omicidiaria”, replica Caprioli. Chiede la presidente della Corte Monica Galassi : le gocce di sangue sulle rispettive calzature possono appartenere a due momenti diversi, per esempio l'omicidio e la decapitazione? “Non sono frutto della stessa azione, di una dinamica simultanea”, la risposta del perito.


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