Cronaca

Dovadola, cresce l'attesa per la Sagra del Tartufo: un libro celebra la 50esima edizione

Salvo maltempo, ogni edizione, inizialmente solo in occasione della terza domenica di ottobre, poi anche per la quarta, è stata caratterizzata da una straordinaria presenza di pubblico che ha fatto onore alle specialità gastronomiche

La Pro Loco di Dovadola celebra la cinquantesima edizione della Sagra del Tartufo, in programma nelle domeniche 16 e 23 ottobre, con un libro fotografico. "Nella prefazione alla pubblicazione ho messo in risalto alcune peculiarità della manifestazione, del paese e dell'intera vallata dell'Acquacheta. In particolare ho ricordato che il grande commediografo francese Moliére chiamò uno dei protagonisti di un suo capolavoro con il nome di Tartufo, personaggio che da anche il titolo alla commedia", esordisce il sindaco Gabriele Zelli.

"L’intera opera è una satira nei confronti della società aristocratica francese del ‘600 e il protagonista Tartufo è l’emblema dell’ipocrisia che vive sotto la maschera della devozione religiosa e dell’amicizia. In realtà vuole approfittare della fiducia degli altri per ottenere vantaggi - continua il primo cittadino -. Chissà cosa spinse Moliére a associare un individuo con queste caratteristiche al tartufo che è sinonimo di raffinatezza in tutto il mondo. Non lo sapremo mai. Di sicuro la commedia da una parte e il prezioso prodotto della terra dall’altra continuano a essere protagonisti indiscussi nei loro rispettivi settori. Così com’è avvenuto per il tartufo a Dovadola, paese che per ben cinquant’anni si è qualificato come capitale della Romagna del prezioso fungo, grazie alla sagra che la locale Pro loco organizza coinvolgendo un centinaio di volontari".

LA SAGRA - Salvo maltempo, ogni edizione, inizialmente solo in occasione della terza domenica di ottobre, poi anche per la quarta, è stata caratterizzata da una straordinaria presenza di pubblico che ha fatto onore alle specialità gastronomiche, a base di tartufo, preparate negli stands che col crescere della manifestazione hanno occupato nell’ordine le piazze centrali del paese (Piazza della Vittoria e Marconi), per occupare poi definitivamente Piazza Berlinguer. Nel corso di una giornata vengono servite circa 3.000 porzioni di tagliatelle e 2.000 di polenta (senza contare tutto il resto: uova al tartufo, crostini, panzerotti, ecc.), che con mani abili vengono preparati nei giorni precedenti dai volontari della Pro Loco. Di rilievo il ruolo esercitato nel periodo della Sagra dai ristoratori e dagli esercizi pubblici dovadolesi che continuano anche nel corso dei mesi successivi a proporre piatti tipici con quanto viene raccolto nei boschi.

IL TARTUFO - "Il tartufo - chiarisce Zelli - rappresenta per i bongustai l’espressione massima del prodotto autunnale tanto che regna incontrastato nei menù serviti sulle migliori tavole. È noto che fin dall’antichità si facesse uso gastronomico di questo fungo, dai Babilonesi agli Egizi, che furono i primi a decantarne le qualità, fino ai Romani essendo presente sulla tavola del celebre Lucullo, uomo di proverbiali stravizi. Proprio l’aspetto gastronomico ha attirato i tantissimi frequentatori che nel corso degli anni hanno frequentato Dovadola in occasione della Sagra e Fiera del Tartufo; ovviamente quello bianco molto più apprezzato da tutti gli estimatori". Nel corso delle due giornate di sagra Dovadola si trasforma con la presenza di circa 100 ambulanti con le loro bancarelle provviste di tutto posizionate lungo le principali strade del paese. I produttori locali da qualche anno trovano posto in piazza Cesare Battisti dove espongono  quanto è stato raccolto nel periodo autunnale nelle nostre zone come le castagne, i funghi, le mele, le pere e altri frutti di stagione, o quanto è stato prodotto nelle loro aziende durante il corso dell’anno come il miele, le marmellate, i formaggi e i salumi.

RICONOSCIMENTO - "Per tutto ciò - sottolinea il sindaco - occorre essere grati e riconoscimenti nei confronti di coloro che costituirono cinquant'anni fa la Pro Loco e idearono la Sagra del Tartufo. In occasione del cinquantennale l'amministrazione comunale ha consegnato l'attestato di "Benemerito di Dovadola" ai pionieri della manifestazione, in molti casi purtroppo alla memoria, e ai componenti dell'attuale consiglio con in testa la storica presidente Marta Ravaglioli, per sottolineare che l'intero paese deve molto a tutti loro e nel contempo chiede per il futuro di continuare a proporre l'appuntamento che è diventato fondamentale per il paese e per l'intera vallata, anche dal punto di vista turistico. I frequentatori della Sagra hanno avuto infatti la possibilità di visitare e ammirare il borgo rinascimentale di Dovadola che offre scorci particolarmente suggestivi, alcuni risalenti al Medio Evo, come “la murata”, la vecchia strada di accesso alla Rocca dei Conti Guidi che parte proprio da sotto il voltone dell’ottocentesca torre dell’orologio, il loggiato di piazza Battisti, recentemente restaurato, la piazzetta del Mercato e le zone circostanti dove ancora oggi sono ben visibili le mura degli edifici che facevano da corona alla fortezza. A poche centinaia di metri dal centro del paese si trova l’Abbazia di Sant’Andrea dalla storia centenaria che conserva il monumento sepolcrale della Venerabile Benedetta Bianchi Porro, realizzato dallo scultore Angelo Biancini".

TERRITORIO - "La Sagra del Tartufo ha contribuito anche a far conoscere la Valle dell’Aquacheta - chiosa Zelli - che ha aspetti storici sui quali si fonda l’Italia. San Benedetto in Alpe è stato il primo paese che ha ospitato Dante Alighieri dopo che, condannato a morte ben due volte, non poté più rientrare a Firenze e in seguito la Romagna è stata la terra che ha dato al sommo poeta la possibilità di scrivere quello straordinario capolavoro che è La Divina Commedia, da settecento anni la pietra miliare della nostra cultura e della nostra lingua. Prima di Dante, anche se solo per un breve periodo, Sant’Antonio di Padova ebbe la sua prima residenza in Italia a Montepaolo di Dovadola tra il 1221 e il settembre 1222 quando a Forlì rivelò le sue straordinarie capacità teologiche". Non va neppure dimenticato che il grande Niccolò Machiavelli fu inviato dal Gran Duca di Toscana in Romagna per esercitare una delle sue prime azioni diplomatiche. Venne per trattare una partita di cereali e un’importantissima condotta militare per arruolare circa 500 forti giovani romagnoli direttamente con la leggendaria e ostica Caterina Sforza, signora di Forlì, che in fatto di trattative si dimostrò più scaltra del giovane Machiavelli, il quale se ne tornò a Firenze senza aver concluso nessun accordo, che giunse solo in una seconda fase. Così come è bene ricordare il contributo dato dai patrioti romagnoli, compresi quelli di Forlì, Terra del Sole, Castrocaro, Dovadola, Modigliana, con in testa don Giovanni Verità, quando si trattò di salvare il generale Giuseppe Garibaldi e il capitano Leggero nell’estate del 1849, proprio in questo periodo, quando erano in fuga, dopo la soppressione della Repubblica Romana, braccati da centinaia di soldati dell’esercito austriaco che allora era la formazione militare europea più addestrata e meglio armata. I patrioti erano ben consapevoli che salvando Garibaldi si sarebbero messe le fondamenta per arrivare, come in effetti avvenne 12 anni dopo, all’unità d’Italia".


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