Cronaca

San Mercuriale, il messaggio del vescovo Livio alla città: "Poveri e anziani non siano dimenticati"

Il messaggio è lucido, sincero, senza fronzoli nè convenevoli ma, per contro, ricco di suggerimenti, idee, proposte per camminare insieme in anni che sembrano tanto foschi

Un momento della serata dei vespri

Nella vigilia della festività di San Mercuriale, compatrono della Diocesi, il vescovo Livio Corazza ha pronunciato in Cattedrale il suo “messaggio alla città”. In esso si leggono segni dei tempi in cui se prima “mancava il respiro” per le fasi più acute della pandemia, in seguito “è mancata l’acqua per le nostre terre e per le nostre colture”. Pertanto, “avere una visione a lunga distanza diventa sempre di più una qualità necessaria per noi e per le future generazioni”. Il messaggio descrive tempi all’ombra di “nubi minacciose che hanno segnato disumanamente il nostro orizzonte”, dopo i vespri solenni è stato consegnato brevi manu ad autorità militari e civili, tra cui il sindaco Gian Luca Zattini, Alessandra Ascari Raccagni, presidente del Consiglio comunale, e l’assessore Paola Casara.

Il messaggio è lucido, sincero, senza fronzoli nè convenevoli ma, per contro, ricco di suggerimenti, idee, proposte per camminare insieme in anni che sembrano tanto foschi: "È evidente che stiamo attraversando tempi difficili, di malattia, ma la speranza non può essere spenta". E vi sono state pure occasioni di divisioni intestine: “quanti contrasti fra pro e no vax, con conseguenti divisioni anche nelle famiglie e fra gli amici. E nella stessa Chiesa. Su questo non siamo ancora sereni nel leggere obiettivamente quanto è avvenuto. Non c’è stato, ancora, un cammino di riconciliazione”. Poi venne la guerra, vicina, in Europa: “L’anno scorso sognavamo di vedere con maggiore serenità il futuro”, ma “il 24 febbraio di quest’anno, fra l’incredulità generale, quella che sembrava una minaccia si è drammaticamente concretizzata”. Così “ci siamo stretti alle nostre comunità ucraine, aprendoci alla solidarietà e all’accoglienza, con prontezza e generosità”. Se anche però si è ricorso ai ripari con mezzi propri dell’emergenza, è anche vero che “le guerre prima o poi terminano, le ferite saranno curate, ma l’odio che le ha provocate rimarrà per intere generazioni. E con l’odio seguiranno altri lutti e altre distruzioni. No, non è un momento facile, questo. E anche noi siamo stati toccati dall’onda d’urto della guerra”. 

E poi c’è l’effetto che il conflitto genera sull’economia, cioè le “conseguenze incominciano a farsi sentire”, infatti “tutto il nostro stile di vita viene messo in discussione”, così “chi è povero diventa sempre più povero, e alcuni ricchi sempre più ricchi”. Sono molti, infatti, quelli che “perdono la propria condizione di benessere e diventano a loro volta poveri”. La Chiesa, pertanto, si chiede “cosa possiamo fare per non lasciare nessuno da solo di fronte alle prevedibili difficoltà economiche nel prossimo inverno che si avvicina”. Una traccia, in questo senso, è data da don Giuseppe Prati, noto come don Pippo (il 9 novembre ricorre il settantesimo anniversario della morte) che, mutuando dal cristianesimo dei primi secoli, ricordava il monito secondo cui “chi ha molto, non sovrabbondi: chi ha poco non abbia scarsezze”. Tuttavia “occorre vigilare” perché “ci sono talvolta alcuni destinatari di aiuti che se ne approfittano”. Come? “Sia occupando case senza pagare affitti, sia percependo sostegni senza meritarselo, o sottraendosi ai giusti tributi”. L’augurio è che “I poveri, anche nella nostra città, non siano dimenticati: che gli anziani non siano trascurati o lasciati soli”. Infatti è bene ricordare che “troppi ammalati, in questi anni, sono stati lasciati morire lontani dai loro affetti più cari”.

Il vescovo ha affronato pure il tema dei sostegni alle famiglie, soprattutto “attraverso servizi di cura e custodia dei figli”. Inoltre, è necessaria “una rinnovata politica della casa che preveda aiuti al mercato dell’affitto e della vendita immobiliare”. Infatti, “anche con le tante richieste di alloggio da parte degli universitari, si mette in evidenza la necessità di alloggi sia per gli studenti che per le famiglie”. Se da un lato gli studenti universitari sono “da accogliere e valorizzare”, per i più piccoli è necessario sostenere “le scuole dell’infanzia, anche degli Istituti paritari”. Purtroppo, durante la pandemia “molti bambini hanno dovuto rinunciare per la perdita del lavoro dei loro genitori” alla frequenza “con grave danno per loro stessi e per le scuole”. 

Altra questione urgente è quella demografica: “Già prima delle tante crisi di questi anni, le famiglie italiane non sono state sostenute nella loro volontà e desiderio di mettere al mondo nuove creature”. Ciò comporta che “senza figli non c’è futuro per qualsiasi tipo di società si voglia costruire”. Occorre pertanto “sostenere le famiglie” chiedendo “politiche che puntino a restituire loro dignità e bellezza, facendole sentire risorsa della società”, tutelando e difendendole “dal concepimento alla morte naturale”. Per questo motivo “appare necessario e improcrastinabile pensare a orari di lavoro che consentano di avere una vita familiare serena, lavorare per riorganizzare un piano urbanistico che riduca gli spostamenti dei diversi componenti familiari, che faciliti le relazioni nei quartieri e predisporre aree verdi adeguate ai bambini con attrezzature che facilitini l’incontro tra famiglie”. 

“Date un orizzonte grande alla vita”: con queste parole di don Pippo rivolge un accorato appello a favore dei giovani. “Nel tempo della pandemia abbiamo chiesto loro un grande sacrificio: interrompere le relazioni amicali per alcuni mesi”. Questa è stata “un’esperienza dura che ci ha insegnato tante cose”, specialmente “far di tutto per assicurare non solo le condizioni materiali ma la possibilità di studiare e di conservare le esperienze di vita sociale”. Tutti “concentrati sulle cose”, I giovani “corrono il rischio di non poter avere una visione, un ideale di vita”, “hanno bisogno di esperienze forti di solidarietà e di umanità, di ampliare il ponte fra il mondo della formazione scolastica e professionale e il mondo del lavoro”. Pertanto, il Vescovo è dell’idea “che vada incentivato e sostenuto il servizio civile anche all’estero, almeno per alcuni mesi”, per avere un “contatto diretto con la povertà, con i bisogni degli altri” e “offre lo sguardo verso un futuro più umano, pieno di relazioni e di fraternità”. L’educazione, infatti, è “una vera emergenza che non si risolve con contributi economici, ma con esperienze di vita vissuta a servizio degli altri”. 

“La Chiesa cattolica che è in Forlì-Bertinoro cercherà di fare la propria parte” anche attraverso la riscoperta delle “energie della società civile, il volontariato, il terzo settore, l’associazionismo a fianco della famiglia e di una politica avveduta e attenta ai più fragili” per contrastare “questa situazione di crescente poverta ed individualismo”. In questo senso s’inserisce l’esperienza attuale dei gruppi sinodali, quali “luoghi di incontro e di ascolto, sulle sfide sociali ed ecclesiali che stiamo vivendo”. 


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