Cronaca

Turismo, Zelli: "Cogliere l'opportunità del 700esimo della morte di Dante"

"È evidente - spiega Zelli - che occorre proseguire su questa strada, anche se i margini di miglioramento sono infiniti"

Lo storico Zelli con Marco Viroli

La presentazione della traduzione in dialetto romagnolo dell'ultima cantica dantesca "Paradiso" ad opera di Gianfranco Bendi, confluita nel volume "E' Paradis", Risguardi edizioni, e la passeggiata notturna, condotta da Marco Viroli e da chi scrive, per le vie di Forlì sulle tracce di Dante Alighieri in città mercoledì, sono le uniche iniziative a caratterizzare la settimana in cui viene ricordato il Sommo Poeta in occasione dell'anniversario della morte. Illustra lo storico Gabriele Zelli: "È ben altro il programma di manifestazioni in corso nella vicina Ravenna e a Firenze, le due città che fra l'altro hanno siglato un accordo in previsione del 2021, quando ricorrerà il 700° anniversario della scomparsa di Dante. Qualcuno potrebbe sostenere che è naturale che siano le due città dove Dante è nato e dov'è sepolto a rendergli omaggio e nel contempo sviluppare un flusso turistico per conoscere i luoghi danteschi per eccellenza. Il problema è che anche la città di Forlì lo è, ma nessuno lo rivendica, salvo rare e meritevoli eccezioni. I dati positivi delle presenze turistiche in città fatti conoscere anche di recente sono un elemento sicuramente positivo che sta a testimoniare un impegno svolto nel corso di questi anni, seppure timidamente e con molti limiti, da diversi soggetti e più in generale dalle ripercussioni positive delle grandi mostre allestite nei Musei San Domenico dalla Fondazione Cassa dei Risparmi in collaborazione con il Comune di Forlì".

"È evidente - spiega Zelli - che occorre proseguire su questa strada, anche se i margini di miglioramento sono infiniti. Ecco perché ritengo che in particolare occorre cogliere gli appuntamenti che hanno un richiamo che va ben al di là del nostro paese. Come potrebbe essere appunto il 2021, 700esimo anniversario della morte di Dante Alighieri, senza dimenticare che nello stesso anno ricorrerà anche l'800° anniversario dell'arrivo a Montepaolo di Dovadola dell'umile frate Antonio, che l'anno successivo si rivelerà a Forlì, e subito dopo la morte, avvenuta nel 1231 verrà dichiarato Santo; ancora oggi uno dei più venerati al mondo. Su entrambi questi anniversari è necessario che Forlì si candidi come tappa rilevante della vita di questi straordinari personaggi da sempre capaci di attirare anche turisti in quantità rilevante puntando proprio sul fatto che la nostra città ha avuto un ruolo di primaria importanza sulla loro vita. Prendiamo il caso di Dante che è considerato il padre della lingua italiana e la Divina Commedia è universalmente ritenuta la più grande opera letteraria scritta da un italiano, nonché uno tra i maggiori capolavori della letteratura mondiale. Se Dante poté scriverla, con tutte le conseguenze positive di carattere culturale e storico, molto merito ce l'hanno i romagnoli e in particolare i forlivesi che gli diedero asilo e per un periodo fondamentale della vita del poeta le sorti di Dante e dei forlivesi si intrecciarono in modo indelebile".

Prosegue Zelli: "Come sappiamo con due sentenze successive, 27 gennaio e 10 marzo 1302, il poeta venne condannato al rogo e alla distruzione delle sue proprietà. Da quel momento in poi non poté più rivedere la sua città natale, poiché nel 1301, con un rivolgimento politico e militare, a Firenze si impose come podestà Cante dei Gabrielli di Gubbio, appartenente alla famiglia dei guelfi neri, il quale diede inizio a una politica di sistematica persecuzione degli esponenti politici di parte bianca, ostili al papa. Diversi furono uccisi o espulsi da Firenze. Dante fuggiasco trovò rifugio in un primo momento a San Benedetto in Alpe, poi a Forlì. Furono pronunciate 559 condanne a morte, di cui solo una piccola parte fu eseguita perché i condannati erano già fuggiti dalla città. Alle condanne a morte bisogna aggiungere quelle all'esilio e al confino comminate a circa 600 fiorentini, nonché tutti coloro che in esilio andarono volontariamente. È facile comprendere che ogni condanna aveva come conseguenza episodi di distruzione e di conquiste. Fu un vero e proprio esodo".

Illustra ancora Zelli: "Gli storici sostengono che di fatto venne allontanata una parte consistente della classe dirigente e delle famiglie più in vista della "maggior potenza finanziaria europea" con conseguenze pesantissime per la vita economica, sociale e culturale della città, sia nell'immediato, sia in particolare nei decenni seguenti. Le persone costrette a lasciare Firenze erano in prevalenza di condizioni economiche agiate, benestanti, e prima di partire cercavano di vendere i loro beni immobili, mentre, i soci di compagnie bancarie e commerciali di riavere la loro quota di capitale investito; tutti, finché furono in tempo, ritirarono i depositi bancari. Non solo fu un esodo di persone, ma anche di capitali. Secondo studi approfonditi di quel periodo "l'esodo di capitali fu di proporzioni tali che tra il 1302 e il 1303 numerose società finanziarie fallirono", oppure dovettero affrontare moltissime difficoltà. Fortissime furono anche le ripercussioni sulla vita culturale di Firenze".

"Nel tentativo di ribaltare la situazione - chiosa - i Bianchi si organizzarono dando vita all'Università della parte dei Bianchi di Firenze; una sorta di associazione politica e militare tra i fuoriusciti con prima sede probabilmente ad Arezzo. Tra il 1302 e il 1303 la base operativa dell'Università fu fissata a Forlì, che da molti anni era il centro del ghibellinismo romagnolo. Proprio il Signore di Forlì, Scarpetta Ordelaffi, ne assunse la carica di capitano. Sotto il suo comando si verificarono tentativi per rovesciare la situazione militare e politica del capoluogo toscano ma con poco successo. Particolarmente grave fu la sconfitta nel tentativo di occupare il castello di Pulicciano, a poca distanza da Borgo San Lorenzo, che avrebbe consentito il controllo della principale via di comunicazione del Mugello. Qui verso la metà del 1303, i Bianchi e i loro alleati furono sconfitti dai fiorentini guidati dal podestà di origini forlivesi Fulceri di Calboli. Oltre che tra fiorentini, si trattò di uno scontro tra forlivesi, dal momento che la famiglia guelfa dei Calboli era rivale di quella ghibellina degli Ordelaffi, dai quali era stata esiliata da Forlì nel 1294. Proprio questo fondamentale elemento storico, insieme a tutti i legami tra Dante e Forlì, dovrebbe essere avanzato per candidare la città come tappa dei cultori del Sommo Poeta che nel corso dei prossimi anni avranno come meta l'asse Firenze-Ravenna, che tra l'altro passa proprio per Forlì".


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