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"Se ci sei batti un colpo", Fabio Mascagni al teatro comunale

Sabato sera al teatro comunale di Predappio arriva Fabio Mascagni, che interpreta con grande comicità ben tredici personaggi nello strabiliante monologo di Letizia Russo "Se ci sei batti un colpo". Come si può vivere senza cuore’ Eppure Franco vive. Unico caso al mondo, nasce con una malformazione insolita: è privo dell’apparato cardiaco. Il suo straordinario caso clinico comporta però un problema non da poco. Il cuore è anticamente considerato la sede di ogni sentimento, ma essendone il protagonista sprovvisto fisicamente, non ha alcun impulso emozionale. Non sente gioia, non sente tristezza, non prova amore e neppure rabbia. Non è mai neppure riuscito a piangere nella sua vita. Un deserto spirituale che colma analizzando la sua esperienza (dis)umana attraverso l’ossessiva descrizione di ogni evento, comportamento giusto e sbagliato, azione e causa, in una sconcertante razionalità. Questi suoi appunti sono trascritti in quaderni e masterizzati su cd, impacchettati con del semplice spago ed etichettati con raziocinio, impilati e disposti su tutta la scenografia, vuota e nera, l’estensione stessa del vacuo animo di Franco.

Durante la rappresentazione inserirà tutta la sua vita salvata su questi supporti in tre grandi flight-case che rappresentano la sua interiorità. Vuoto nel vuoto, perché Franco è mortalmente annoiato, preclusa com’è la sua esistenza dalla benché minima sensazione, un tedio che lo accompagna e lo soffoca, portandolo alla (ir)ragionevole volontà di suicidarsi. Quale senso ha la vita’ Cosa c’è dopo la morte’ Non avendo un cuore e non avendo emozioni, avrà un’anima’  L’anima è creata dal divino ed una volta morti questa ‘dovrebbe tornare dal loro fabbricatore’. È attraverso queste grandi domande che Franco ci scorterà in un mondo surreale dove incontreremo le divinità delle maggiori religioni e le loro spiegazioni su cosa sia l’aldilà e il destino di chi si suicida. Gesù Cristo - la Trinità Cattolica (un fricchettone con disturbi di personalità multipla, reso indimenticabile grazie all’uso di una bizzarra dialettica che coniuga soggetti e verbi, nella confusione tangibile dell’uno e trino). L’Islam incarnato da Akhmet il kebabbaro. L’induismo tramite Ganesha impersonato da un venditore di rose il quale, con la sua saggezza cosmica, gli prospetta una poca nobile reincarnazione. Infine il dio greco Zeus, ormai dimenticato dai suoi fedeli, l’unico ad appoggiare Franco nella scelta del suicidio per porre fine alla sua condizione.

L’attore assume anche i ruoli di Giuseppa, la sua defunta vicina romagnola ed uno scrittore giapponese che, in chiara matrice orientale, gli indica come il suicidio dovrebbe essere un atto di dignità. Franco interroga e si interroga sulle relazioni e sulle sue mancanze affettive, in quella incapacità empatica spettro reale della nostra società. L’intreccio narrativo è un susseguirsi di passaggi fra il reale e il surreale, durante il quale lo spettatore stesso non può fare a meno di porsi non solo le medesime domande di Franco, ma cade nell’introspettiva ricerca di sé, allacciando con il protagonista in un legame di riconoscimento. Siamo costantemente messi di fronte al male sotto ogni sua forma, che anestetizza le nostre coscienze e ci rende più simili a Franco di quanto non possiamo sospettare.

La magia di questa drammaturgia sta proprio qui, in questa rivelazione comica e spaventosa, della mancanza di cuore della moderna umanità sempre più insensibile e lontana dalla comprensione e dalla compassione, mostrandoci come anche noi, talvolta, siamo senza cuore. Franco però non è un uomo spietato, vigila sul mondo con il suo occhio arguto e attento, incapace di fare del male perché non conosce il male almeno quanto non conosce il bene. È un uomo asettico che assurge al ruolo di foglio bianco su cui imprimere le ragioni del mondo epurandole dalla poetica del sentimento e riducendosi ad essere una lista della spesa, un bugiardino, un manuale, un trattato scientifico. Franco è pensiero puro, ma senza animo. Come non affezionarsi e un po’ innamorarsi di questo individuo che fa parte di noi’.

Fabio Mascagni passa da un personaggio all’altro con abilità rarissima padroneggiando ognuno di loro con grande stile. Gli accenti stranieri ed esotici ed i dialetti italiani che produce sono così diversi da sembrare doppiato. La mimica è una vera coreografia fatta di precisione e fluidità che amplifica il testo della talentuosa Letizia Russo e lo fa vibrare di quelle stesse emozioni che Franco non potrà mai provare. L’attore dimostra questo affascinante trasformismo in una serrata e rapida successione quando si figura il suo funerale ed i partecipanti. Durante gli incontri con tutti questi personaggi, poco alla volta, fra una risata e l’altra, ci si appassiona a quest’uomo ed alla sua storia anaffettiva. Il grande lavoro di regia di Laura Curino, si armonizza e si fonde con la drammaturgia e con la recitazione in un mix praticamente perfetto che calamita lo spettatore, coinvolgendolo nelle domande proposte nel testo. Questo monologo è un’opera sopraffina che non potete mancare di andare a vedere ed applaudire, emozionandovi grazie a questo uomo senza cuore.


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