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Un jazz trio “Sobrio” per il Forlì Jazz Festival

Forlì Jazz Festival si sposta sabato in piazza Saffi, presso il caffè Ceccarelli, dalle ore 21 in poi, ingresso libero, con il SOBRIO Jazz Trio.

Il TRIO SOBRIO, Marco Preger (chitarra), Marco Versari (organo hammond e voce), Loris “Bob” Ercolani (batteria), si pone sulla scia della tradizione soul jazz tipica degli organ trio degli anni ’50 e ’60, ma arricchisce un repertorio strumentale basato in gran parte su composizioni di Jimmy Smith, Horace Silver e Wes Montgomery con l’inserimento di alcuni brani cantati dalla grande tradizione dei crooner italiani come Arigliano e Buscaglione. Il risultato è una performance multiforme, ma al tempo stesso accessibile anche per chi non è un ascoltatore abituale di jazz.

Ecco come il chitarrista cesenate racconta il suo primo “incontro” con la musica di Chet Baker:

“Il mio primo “incontro” con Chet Baker-dice Preger- l’ho avuto a 16 anni andando al cinema a vedere “Let’s Get Lost”, lo stupendo e struggente documentario di Bruce Weber sugli ultimi anni di Chet. Avevo appena iniziato a studiare jazz e pensai che quell’uomo doveva essere una sorta di semidio. Circa trent’anni di musica più tardi non ho cambiato opinione”.
 Forlì Jazz Festival si sposta sabato in piazza Saffi, presso il caffè Ceccarelli, dalle ore 21 in poi, ingresso libero, con il SOBRIO Jazz Trio.

Il TRIO SOBRIO, Marco Preger (chitarra), Marco Versari (organo hammond e voce), Loris “Bob” Ercolani (batteria), si pone sulla scia della tradizione soul jazz tipica degli organ trio degli anni ’50 e ’60, ma arricchisce un repertorio strumentale basato in gran parte su composizioni di Jimmy Smith, Horace Silver e Wes Montgomery con l’inserimento di alcuni brani cantati dalla grande tradizione dei crooner italiani come Arigliano e Buscaglione. Il risultato è una performance multiforme, ma al tempo stesso accessibile anche per chi non è un ascoltatore abituale di jazz.

Ecco come il chitarrista cesenate racconta il suo primo “incontro” con la musica di Chet Baker:

“Il mio primo “incontro” con Chet Baker-dice Preger- l’ho avuto a 16 anni andando al cinema a vedere “Let’s Get Lost”, lo stupendo e struggente documentario di Bruce Weber sugli ultimi anni di Chet. Avevo appena iniziato a studiare jazz e pensai che quell’uomo doveva essere una sorta di semidio. Circa trent’anni di musica più tardi non ho cambiato opinione”.
 


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