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"Il visitatore" di Emmanuel Schmitt illustrato da Marie-Line Zucchiatti

Il secondo appuntamento del 2016 con la Scuola dello Spettatore, l'iniziativa promossa congiuntamente dagli Incontri internazionali Diego Fabbri e dal Centro Diego Fabbri per fornire al pubblico una guida agile ma puntuale alla visione degli spettacolli in programma al Teatro Diego Fabbri è dedicato al testo più celebre di Eric-Emmanuel Schmitt, "Il visitatore", che sarà di scena da giovedì a domenica prossimi per la regia di Valerio Binasco. Ad introdurre lo spettacolo lunedì alle 17.30 al ridotto del teatro Diego Fabbri sarà Marie-Line Zucchiatti della Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione dell’Università di Bologna. L’ingresso all’incontro è libero. Per informazioni: Centro Diego Fabbri. Tel. 0543/712819.

LA TRAMA - La pièce è ambientata nel 1938. L’Austria è stata da poco annessa di forza al Terzo Reich, Vienna è occupata dai nazisti, gli ebrei vengono perseguitati ovunque. In Berggstrasse 19, celeberrimo indirizzo dello studio di Freud (interpretato da Alessandro Haber), il famoso psicanalista attende affranto notizie della figlia Anna, portata via da un ufficiale della Gestapo.Ma l’angosciata solitudine non dura molto: dalla finestra spunta infatti un inaspettato visitatore (Alessio Boni) che fin da subito appare ben intenzionato a intavolare con Sigmund Freud una conversazione sui massimi sistemi. Il grande indagatore dell’inconscio è insieme infastidito e incuriosito. Chi è quell’importuno? Cosa vuole? È presto chiaro che quel curioso individuo non è un ladro né uno psicopatico in cerca di assistenza. Chi è dunque? Stupefatto, Freud si rende conto fin dai primi scambi di battute di avere di fronte nientemeno che Dio, lo stesso Dio del quale ha sempre negato l’esistenza. O è un pazzo che si crede Dio? La discussione che si svolge tra il visitatore e Freud, e che costituisce il grosso della pièce, è ciò che di più commovente, dolce ed esilarante si possa immaginare: Freud ci crede e non ci crede; Dio, del resto, non è disposto a dare dimostrazioni di se stesso come se fosse un mago o un prestigiatore. Sullo sfondo, la sanguinaria tragedia del nazismo che porta Freud a formulare la domanda fatale: se Dio esiste, perché permette tutto ciò?


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